domenica 31 ottobre 2010

Santa Lucia


Santa Lucia
Si dice che il n° 13 porti male e sicuramente Santa Lucia non ne porta più, di regali, al mio caro amico Angelo che è nato qualche lustro fa proprio in quel giorno. Ma come è sorto il pensiero di scrivere una letterina a quella Santa pregandola di portare i doni desiderati ai bimbi buoni? Lucia venne decapitata a Siracusa il 13 dicembre 304 perché non volle venir meno alla sua fede cristiana(come avvenne anche per i due santi patroni di Brescia Faustino e Giovita); durante la carestia del 1646 fu esposto il suo simulacro nella cattedrale di Siracusa e il 13 maggio appena una colomba si posò sul soglio episcopale apparve nel porto un bastimento carico di cereali. Probabilmente da questo fatto si iniziò a considerarla oltre che apportatrice di luce ( è protettrice degli occhi, patrona degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini)anche dispensatrice di doni. Ricorda un po’ la celidonia, un erba dal fiore giallo utile anche per la vista . Fin dagli anni trenta nelle provincie di Brescia, Bergamo e Verona in particolare –ma anche in altre dell’Italia settentrionale- la notte fra il 12 e il 13 dicembre è la più lunga che ci sia: i bimbi piccoli, appena sentono il campanellino, suonato dai più grandicelli, vanno a letto presto perché la Santa, se li vedesse svegli getterebbe della cenere nei loro occhi. Fuori dalla porta di casa si lascia della biada per Lüs, il suo asinello, mentre sul tavolo aranci, biscotti e pane per Lucia e il suo cocchiere Castaldo. Al mattino i piccoli sono i primi ad alzarsi per vedere quali regali sono stati portati, insieme a caramelle e monete di cioccolato; alcune volte i doni più pesanti vengono lasciati da Santa Lucia, che non è più in forma come un tempo, presso nonni e zii. Mentre la Santa potrà reggere ancora per alcuni decenni la concorrenza dei vari supermercati e degli altri soggetti benefici, il suo cocchiere è già andato in pensione e l’asinello sta cercando gli eredi, a cui lasciare le redini, in quel di Valsorda. Nel frattempo, anche per alleggerire il loro lavoro, è stata avanzata una proposta. Ai fanciulli fino ai 6 anni continuerà a portare i doni Santa Lucia, che è ancora la più economica sul mercato, con sponsor unico il Governo Italiano; la Befana prenderà l’appalto delle case di riposo e sarà sovvenzionata dai Deputati e dai Senatori, che sono più o meno coetanei; Babbo Natale e Gesù Bambino porteranno i regali agli orfani e ai vedovi e saranno sostenuti dal Vaticano; a tutti gli altri Italiani che ne facessero richiesta ci potrebbe pensare San Lotto, che avrebbe l’opportunità di ridistribuire i denari ricevuti anche per perorare la sua causa di beatificazione, e poter finalmente essere menzionato sui calendari. Così la nostra bella Italia sarebbe oltre che un paese di poeti, naviganti –sui mari e su internet- anche di nuovi Santi.
Giuseppe Belleri 31 ottobre 2010

Santa Lucia




Santa Lucia
Si dice che il n° 13 porti male e sicuramente Santa Lucia non ne porta più, di regali, al mio caro amico Angelo che è nato qualche lustro fa proprio in quel giorno. Ma come è sorto il pensiero di scrivere una letterina a quella Santa pregandola di portare i doni desiderati ai bimbi buoni? Lucia venne decapitata a Siracusa il 13 dicembre 304 perché non volle venir meno alla sua fede cristiana(come avvenne anche per i due santi patroni di Brescia Faustino e Giovita); durante la carestia del 1646 fu esposto il suo simulacro nella cattedrale di Siracusa e il 13 maggio appena una colomba si posò sul soglio episcopale apparve nel porto un bastimento carico di cereali. Probabilmente da questo fatto si iniziò a considerarla oltre che apportatrice di luce ( è protettrice degli occhi, patrona degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini)anche dispensatrice di doni. Ricorda un po’ la celidonia, un erba dal fiore giallo utile anche per la vista . Fin dagli anni trenta nelle provincie di Brescia, Bergamo e Verona in particolare –ma anche in altre dell’Italia settentrionale- la notte fra il 12 e il 13 dicembre è la più lunga che ci sia: i bimbi piccoli, appena sentono il campanellino, suonato dai più grandicelli, vanno a letto presto perché la Santa, se li vedesse svegli getterebbe della cenere nei loro occhi. Fuori dalla porta di casa si lascia della biada per Lüs, il suo asinello, mentre sul tavolo aranci, biscotti e pane per Lucia e il suo cocchiere Castaldo. Al mattino i piccoli sono i primi ad alzarsi per vedere quali regali sono stati portati, insieme a caramelle e monete di cioccolato; alcune volte i doni più pesanti vengono lasciati da Santa Lucia, che non è più in forma come un tempo, presso nonni e zii. Mentre la Santa potrà reggere ancora per alcuni decenni la concorrenza dei vari supermercati e degli altri soggetti benefici, il suo cocchiere è già andato in pensione e l’asinello sta cercando gli eredi, a cui lasciare le redini, in quel di Valsorda. Nel frattempo, anche per alleggerire il loro lavoro, è stata avanzata una proposta. Ai fanciulli fino ai 6 anni continuerà a portare i doni Santa Lucia, che è ancora la più economica sul mercato, con sponsor unico il Governo Italiano; la Befana prenderà l’appalto delle case di riposo e sarà sovvenzionata dai Deputati e dai Senatori, che sono più o meno coetanei; Babbo Natale e Gesù Bambino porteranno i regali agli orfani e ai vedovi e saranno sostenuti dal Vaticano; a tutti gli altri Italiani che ne facessero richiesta ci potrebbe pensare San Lotto, che avrebbe l’opportunità di ridistribuire i denari ricevuti anche per perorare la sua causa di beatificazione, e poter finalmente essere menzionato sui calendari. Così la nostra bella Italia sarebbe oltre che un paese di poeti, naviganti –sui mari e su internet- anche di nuovi Santi.
Giuseppe Belleri 31 ottobre 2010

sabato 30 ottobre 2010

Dove sono i Santi ?


Come riconoscere i Santi
Se riconoscere un Santo, dopo che ha lasciato il corpo e il suolo terreno, è abbastanza facile –basta guardare sul calendario od attendere le grazie ed i miracoli- vederlo quando ci passa vicino è più complicato : si dovrebbe avere la vista spirituale e poterne scorgere l’aureola poiché, come dice un simpatico detto romano, la “coda rivela la volpe”. L’aureola, attributo figurativo usato nell’arte sacra, non solo cristiana, per indicare la santità di un personaggio, consiste in un alone di luce che avvolge il corpo e il nimbo è il cerchio di luce che circonda il capo. E’ solo dal IV secolo che l’aureola viene adottata nell’iconografia cristiana per designare dapprima solo Gesù, gli Angeli e la Madonna e poi anche gli Apostoli e i Santi. Nei primi tempi viene raffigurata come una sottile linea rotonda poi come una nuvola luminosa e successivamente come un disco d’oro. La comune aureola di forma circolare è riservata agli Angeli e ai Santi e se il nimbo è a raggiera allora indica un beato; in quella di Gesù è inscritta una croce, di solito rossa; Dio Padre ne ha una triangolare; l’hanno di forma quadrata coloro che non sono ancora dichiarati santi; quella di colore nero è usata per il Diavolo e per Giuda Iscariota. Mentre gli artisti medioevali l’hanno ben usata nelle loro opere, verso la fine del Quattrocento né Leonardo da Vinci nell’Ultima Cena e neppure Michelangelo negli affreschi della Cappella Sistina la mettono in evidenza: come mai ? Non sarà che l’uomo man mano che acquisisce conoscenze tecnologiche perde invece quelle capacità naturali dategli dal creatore? Un animale naturalmente libero all’occorrenza sa quale cibo od erba prendere sia per nutrirsi che per curarsi; noi umani dobbiamo andare a consultare la nonna, lo specialista, l’enciclopedia o internet. L’aura è, invece, il campo energetico che sta attorno ad ogni essere vivente e che fu fotografata per la prima volta dai coniugi Kirlian nel 1939. Sicuramente i Santi fra di loro si conoscono e si frequentano, come ogni simile frequenta il proprio simile (ne accenna anche Dante nella Divina Commedia) e vedono anche tutte le sfumature di aure fino ad arrivare alle aureole più splendenti (indice di una superlativa vitalità spirituale). E in attesa di aver la vista un po’ più chiara la prossima mattina che mi sentirò un cerchio alla testa potrò pensare, ancor prima di essermi guardato allo specchio, di aver cenato in maniera abbondante.
Giuseppe Belleri 31 ottobre 2010

Kilometrizero


Ora che sta quasi per finire la biada, pardon la benzina –ma è un periodo che mi diletto a rimeggiare sugli asini- e che per salvare il pianeta, ma anche per giungere vivi alla fine del mese, si consiglia da più parti il kilometrizero, ho pensato quali e quanti kilometrizero posso attuare . Il primo può essere acquistare i prodotti dell’orto dal contadino vicino a casa ,ed io,avendo ereditato un orticello che dista 500 metri dal mio condominio ogni giorno ho frutta e verdura a kilometrizero. Sia che ci vada a piedi o in bicicletta –un modello con freni a bacchetta dell’altro millennio- è a kilometrizero. E mi spiego con una premessa filososcientifica, ossia che i principi generali, fatte le debite eccezioni, valgono per tutte le situazioni e non solo per quelle usuali. Se voglio che la mia automobile duri qualche anno in più cercherò di fare ogni giorno qualche chilometro in meno: se ne facessi 100 e calcolando che il motore ne sopporti 200.000 dopo 6 anni dovrò rottamarla. Passiamo al nostro corpo che è per certi versi anche una macchina-pensante: se muovo eccessivamente tutti i vari motori ed ingranaggi non potrò certo pretendere di arrivare ai 120 anni e passa ma mi dovrò accontentare di 50 o 70. Qualcuno mi dirà :”meglio 50 anni da leone che 120 da pecorone”; sta bene ne riparleremo quando mi inviterà a festeggiare il suo ”ultimo” compleanno. Inoltre più mi muovo e più produco anidride carbonica che poi sale nell’atmosfera e che insieme a quella emessa dagli animali allevati, da quella rilasciata nel bruciare i combustibili fossili per uso riscaldamento o per produrre energia dalle industrie e dalle automobili …aumenta l’effetto serra. Mi riservo di spiegare meglio questo concetto in un prossimo scritto. Passo ad altre modalità. Scelgo di lavorare vicino a casa, rinunciando magari a un posto migliore e a uno stipendio più elevato; vado nella palestra comunale che dista 900 metri; il pane lo prendo dal forno a 300 metri-un po’ dispiace non vedere la simpatica fornaia del vicino comune; frequento una signorina che abita quasi a un km e poi, finalmente, mi sposo e vado ad abitare poco distante dai vari suoceri : alla sera esco molto meno e, quando arriveranno gli eredi, i nonni potranno venire liberamente, magari a piedi, a coccolarseli ; anche più avanti quando saranno loro ad aver bisogno di assistenza saremo a due passi. Il mio meccanico è a 900 metri e quando gli porto la macchina che ha più di 14 anni, per il controllo annuale, me ne torno poi a casa con la “bici di cortesia” –è un’ idea che gli ho suggerito. Faccio quasi parte del “club dei pelati”- all’ amico barbiere ho scritto in rime che ho finalmente il cranio riflettente- e ogni tanto passo a trovare l’unica mia sorella maggiore che a kilometrizero e costozero mi da una lavata di capo seguita da una rasata. Stupende le montagne del Trentino, e qualche volta ci torno, ma normalmente faccio tre passi sui monticelli nostrani, magari partendo da casa con gli scarponi. Se ho bisogno del muratore, dell’idraulico o dell’elettricista cerco di sceglierli, valutando certamente anche gli altri elementi, a kilometrizero. Oltre ai respiri anche i pensieri cerco di farli corti poiché se ti soffermi un attimo di più gli crescono le ali e chi li ferma più! Le bugie le immagino ,invece, con le gambe lunghe nel senso che è poi difficile stargli dietro. Se ho del superfluo prima mi guardo vicino, magari alla vedova sotto casa; se mando 100 euro in missione mi pare d’aver fatto una grande opera di bene mentre se li do a un concittadino bastano solo per il telefono. Per le vacanze faccio una grossa eccezione e vado una settimana dagli amici Barbara e Franco, che hanno un agriturismo a Serre di Rapolano, vicino a Siena : mi ospitano a costo zero in cambio di qualche lavoretto, delle rime e un po’ di affetto; faccio felice anche l’amico benzinaio –dista 600 metri- che mi fa il pieno sia all’andata che al ritorno ed anche il meccanico che per alcuni spaghetti e pici al farro mi controlla l’auto prima del viaggio. Per ora può bastare e spero di aver stimolato nella ricerca di altri “chilometrizero”. Ah ! Dimenticavo che mi faccio da solo i fiori di Bach, alcuni proprio nel mio orto, e qualche piccolo mobile in legno ed anche il giardino dove tutti andremo prima o poi a riposare le stanche membra è a 800 metri. Ho coniato in occasione della “corsa degli asini” durante il Palio del mio paese un simpatico proverbio in dialetto bresciano (la poesia completa si può richiederla alla redazione): “àzen e moér i ga mia d’ éser forestér” (traduzione : asino e moglie non devono essere forestieri).
Giuseppe Belleri Concesio 28 settembre 2010

I Giardini di Marzo



I Giardini di Marzo
Nella bella canzone “i giardini di marzo” Lucio Battisti, nato solo qualche anno prima di me, cantava una quarantina d’anni fa che “il carretto passava e … al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti”. Mi prendo la licenza poetica di fare un piccolo ritocco al testo dell’insuperabile Mogol : oggi già al 31 dello stesso mese il portafoglio è di nuovo vuoto, per chi prende lo stipendio al 27. E mentre fino a pochi decenni fa il capofamiglia riusciva a mantenere 4 o 5 persone e ne avanzava anche per la dote dei figli ora se si potesse si farebbero lavorare anche i minorenni e i nonni -a trovarlo poi il lavoro! Ma come siamo giunti a questa paradossale situazione che pur lavorando e guadagnando di più la famiglia non giunge alla fine del mese se non prelevando dai risparmi o chiedendo un prestito ? E gli Stati sono i primi a vivere sui debiti -il disavanzo pubblico continua a crescere- solo che a pagare sono i cittadini. Inoltre tutto è aumentato e se un articolo costa meno dura anche meno anni ; sono cresciuti di numero anche i prodotti di largo consumo. Basterebbe mettere a confronto un “sanmartino” mostrato nel film “ l’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi con uno moderno: quante le cose” necessarie” con le quali riempiremmo alcuni autocarri! Per non parlare delle varie scatole con targa -e sono pochi quelli che riescono a fare a meno dell’auto personale- con le quali circoliamo per le strade come tante sardine inscatolate. Anche senza una laurea Bocconiana vediamo che i soldi volano dove ci sono altri soldi : i ricchi aumentano le loro entrate e pure i poveri aumentano, ma di numero. Entrambi sono infelici: il ricco forse un po’ meno, poiché sa per esperienza che il denaro non da la felicità anche se l’aiuta, e ne vuole sempre di più ; il povero, poverino, aspetta di essere felice quando avrà qualche soldo in più e nel frattempo vive grattando e sognando i numeri buoni per il lotto-enalotto ecc; si impoverisce sempre di più arricchendo quelli che gestiscono le varie lotterie e se poi, malauguratamente dovesse vincere , sarebbe costretto , finalmente, ad essere felice nuotando come Paperon de’ Paperoni nei “soldi degli altri”. Si farebbe prima se ognuno si sudasse il denaro necessario , ma ora vediamo –dice infatti il proverbio “soldo risparmiato soldo guadagnato”- come giungerci e bene al termine della nostra lunga e felice vita, secondo gli anni spettanti . Un piccolo accenno sulle misure che potrebbero adottare gli enti pubblici : quante persone, automezzi e risorse sono in esubero nella gestione della “res publica”? Sarebbe preferibile, come consiglia anche San Paolo, non sposarsi, ma almeno accontentarsi di un solo matrimonio sperando che non sia un “malaffare”.
Sul numero di figli massima libertà anche se da nessuna parte si trova scritto quale sarebbe il numero ideale (la Madonna ne ebbe solo uno). La casa sceglierla piccola, semplice e parca nei costi come si usava un tempo e magari con alcune parti in comune, come nei conventi e negli ecovillaggi. L’automobile sobria e versatile da usare fino all’ultimo giro motore come dice la canzone “fin che l’auto va lasciala andare ”e da condividere con altre famiglie. Rimettere in sesto la bici del nonno – quella classica con i freni a bacchetta che non va mai fuori moda- o assemblarne una a scatto fisso ed usarle sempre di più almeno nei brevi percorsi . Non seguire come pecoroni la moda ma, invece, precederla. Mangiare di meno -masticando di più- ed una volta di meno al giorno. Stessa regola per il respiro: respirare di meno sia come frequenza che intensità e farsi ogni tanto delle salutari pause. In doccia chiudere il rubinetto mentre si passa il sapone; far schiacciare il pulsante dello sciacquone all’ultimo utilizzatore, o prima della ritirata. Bandire l’usa e getta -o avvalersene nelle emergenze - ma impiegare piatti , stoviglie, tovaglie ,tovaglioli ecc. vecchi e lustri. Non comprare gli occhiali ma libri, giornali e riviste dai grossi caratteri, specie nei titoli -molti leggono solo quelli! Volendo strafare farseli prestare dalla biblioteca comunale e dagli amici oppure leggere i quotidiani del giorno prima -tanto le notizie rimangono fresche per alcuni giorni e non occorre metterle sotto vuoto. A tutti fa piacere ricevere un bel regalo, meglio se inaspettato, utile ed originale, ma poiché è più bello dare che ricevere basterebbe farsi e fare dei “bei pensieri”, preferibilmente rimati. E per terminare in bellezza vivere con cuore sereno e contento, mangiando una mela al giorno … che toglie il male di torno.
A questo punto ci può stare una poesia di Madre Teresa sulla Vita:
La vita è un’opportunità, coglila
La vita è bellezza, ammirala
La vita è beatitudine, assaporala
La vita è un sogno, fanne una realtà
La vita è una sfida, affrontala
La vita è un dovere, compilo
La vita è un gioco, giocalo
La vita è preziosa, abbine cura
La vita è ricchezza, conservala
La vita è amore, godine
La vita è un mistero, scoprilo
La vita è promessa, adempila
La vita è tristezza, superala
La vita è un inno, cantalo
La vita è una lotta, accettala
La vita è un’ avventura, rischiala
La vita è felicità, meritala
La vita è la vita, difendila
ed aggiungo …
La vita è una realtà, ogni giorno costruiscila
La vita è una poesia, condividila
La vita è troppo vuota ? Riempila !
La vita è troppo piena ? Regalala !
La Vita ti amerà se l’amerai in te !


Giuseppe Belleri 25 ottobre 2010

Sportiamoci



Riprendiamoci lo Sport
Quando ero piccolo ,sono nato poco dopo l’ultimo conflitto mondiale e mi si vede nella foto in basso a sinistra, lo sport si faceva ancora “per sport”. C’era il lavoro normale, nei campi o in fabbrica, ed erano in pochi quelli che si dedicavano ad attività sportive che erano invece praticate da nobili, aristocratici e militari magari per vincere una medaglia alle olimpiadi. Qualche anno fa ho avuto come vicino di ombrellone, su una spiaggia ligure, un generale ormai in pensione che aveva combattuto nella campagna d’Africa. Mi raccontò di aver partecipato alle universiadi in varie specialità poiché al tempo dei suoi studi universitari gli atleti scarseggiavano. Lo sport era praticato da una élite perché era considerato un lusso, una perdita di tempo e dava da vivere solo a pochi. Solo più tardi sia per il pubblico pagante che per gli sponsor lo sportivo vi si è dedicato professionalmente fino a farlo diventare un lavoro, ed attorno sono poi fiorite le varie attività collegate (negozi, giornali, stadi, palestre,allenatori, manifestazioni ecc.). Negli anni ’70, quando frequentavo l’ Isef la tuta e le scarpe da ginnastica erano poco diffuse e per strada le portavamo solo noi insegnanti; ora invece è il contrario, le indossano tutti pensando che basti l’abbigliamento per rimettersi in forma. Mi ricordo che agli inizi degli anni ’80, quando promossi i primi corsi comunali di ginnastica dolce dedicati a mamme e nonne, le allieve venivano in palestra nascondendo nella borsa della spesa l’abbigliamento sportivo; c’era un po’ di pudore ad indossare di giorno e per strada il “pigiama con le scritte” e le “scarpe di gomma” poiché il pensiero corrente era che andare in palestra toglieva tempo al lavoro ed era un’attività da buontempone. Ed oggi , che da più parti ci viene consigliato di muoverci di più e di frequentare una buona palestra, vorrei mettere in guardia dai pericoli dell’attività fisica ,specie dello sport, e mi spiego. Se bastasse muoversi per sentirsi meglio allora più lo si fa e più si dovrebbe essere in forma ; invece lo sportivo, specie quello della domenica, se non sta attento a come respira, all’intensità-ritmo-durata del movimento, rischia in traumi e in salute più della “sedentaria casalinga”, che ferma non sta a dire il vero nell’accudire alle faccende domestiche. E probabilmente l’indice di salute più importante è l’ HRV (Heart Rate Variability ossia la variabilità della frequenza del battito. Sono già parecchi gli atleti che subiscono gravi danni o muoiono dopo una intensità attività sportiva. Pare, a stare almeno alle voci che circolano, che molti assumano delle sostanze per aiutare le prestazioni, perfino per fare bella figura nella partitella con i colleghi di lavoro. E qui noto, tra l’altro, una grossa incongruenza: alla persona normale, all’artista e al politico è concesso “tirarsi su ”con qualche pillola mentre all’atleta è vietato , lo vogliamo “al naturale”; ma l’allenamento a cui si sottopone non è già una forma di sofisticazione? Allora cerchiamo lumi nella storia: nell’antichità non c’era lo sportivo professionista e in caso di gara o disfida venivano chiamati i campioni delle varie città che magari erano in altre faccende affaccendati –vedi Achille interpretato da Brad Pitt nel film Troy. Ora, invece, lo sport è diventato un lavoro e l’atleta ci vive, spesso anche bene, ed ogni giorno si allena per la vittoria ; se, poi, gli si propone qualche aiuto per aumentare le prestazioni ed i guadagni non è raro che accetti. E veniamo alla domanda conclusiva, ossia a chi e a cosa serva lo sport, quello praticato gareggiando con se stessi o con altri, magari con campionati e gare a vari livelli. Per chi lo pratica può essere fonte di notevole stress, specie in chi subisce la sconfitta, e non placa la voglia di primeggiare (poiché alla gara seguente si vuole ancora vincere); in molti sport si è perso per strada il “piacere di mettersi in gioco” e si guarda solo al risultato finale; altre volte lo si fa per la medaglia (si farebbe prima ad andare in un negozio a comprarne qualche dozzina).E chi fa da spettatore? Spesso guarda un evento aspettandosi la vittoria del proprio campione ed immedesimandosi in esso e se il suo idolo esce dalla competizione o subisce la sconfitta decade l’interesse per la manifestazione e torna a casa pure lui “sconfitto”. Si potrebbe imparare dagli scrittori e poeti : all’inizio partecipano a qualche concorso ma, poi, dopo alcune vittorie lasciano spazio ai giovani e loro vanno a sedere al tavolo della giuria; lo sportivo invece vorrebbe vincere sempre e per tutta la vita (tipico l’esempio di Merckx , Schumacher o Valentino Rossi) . E allora quali cose tenere presente se si vuole fare del salutare movimento senza mordersi la coda come fa quel gatto nella canzone di Giorgio Gaber? Se osserviamo i bambini piccoli in ambiente naturale la prima cosa che fanno spontaneamente, quando, dopo aver ben gattonato, riescono a camminare, è di arrampicarsi alla prima pianta che trovano –se non c’è la mamma o la nonna ad impedirglielo; la seconda è di giocare con la palla (non scordiamo che in natura se guardiamo in un microscopio molecolare o in un telescopio vediamo tante sfere che girano e non si vede l’arbitro!); la maggior parte del tempo rimangono fermi, appesi o seduti a giocare-parlare ed ogni tanto si muovono per brevi tratti. Solo più tardi vogliono emulare i giochi dei grandi nei quali vigono delle regole e ci sono dei vincitori. Se lo sport si limitasse al piacere del gioco e pur “contando i punti” si giocasse perché alla fine, dimentichi del risultato, rimanesse solo il piacere di aver contribuito ad un piacevole movimento collettivo, apprezzato anche dal pubblico, avrebbe molti più seguaci. Meglio ancora se si facessero giochi in cui alla fine non c’è un vincitore e se, poi, togliessimo la panchina, perché giocano tutti anche le schiappe, l’allenatore, l’arbitro, lo sponsor, i campionati, le trasferte, l’ingaggio … rimarrebbe lo Sport allo stato puro come quello che si faceva nel cortile di casa: nascondino, libera ferma, biglie, cimberlina, saltamoleta, figurine, guardia e ladri, piàte, tutolo, palla al muro, palla bollata ecc. In quest’ ottica i veri sportivi sono i bambini ma anche i “casalinghi”; sono anche convinto che in una singolar tenzone, magari una gara ciclistica, parecchi casalinghi darebbero alcune ruote di distacco a molti professionisti. “Signor generale da un’occhiata al castello di sabbia mentre vado a fare una nuotata?” chiesi un mattino al mio vicino di ombrellone; al mio ritorno non trovai né il castello, raso al suolo da una banda di vicini-bambini-invidiosi, né il generale, era in ritirata ma per la vergogna: vatti a fidare del “generale sportivo” ! Giuseppe Belleri Concesio 28 ottobre 2010

mercoledì 13 ottobre 2010

Campionesse mondiali di Palladolcevolo


A CONCESIO ci sono le CAMPIONESSE MONDIALI di PALLADOLCEVOLO

Sono certamente in pochi ad essere al corrente che in Val Trompia ci sono le campionesse mondiali di Palladolcevolo. Sono un gruppo di signore ,quasi tutte nonne e in età da pensione, che da parecchi anni si dilettano a Palladolcevolo. Giocano con una palla leggera anche per salvaguardare dita, occhiali e dentiere; la rete è più bassa; se si vuole si può lasciar fare un rimbalzo; l’istruttore gioca e si diverte insieme a loro e da solo rari consigli; non c’è un campionato essendo ,per ora, uniche; non c’è panchina ma tutte giocano , magari facendo i turni; non c’è un arbitro e in casi dubbi si rigioca il punto; sono rarissimi gli infortuni (la perpetua del parroco di un paese vicino frequenta da più di 15 anni senza incidenti, mentre l’anno scorso è ruzzolata in chiesa; da allora porta più sovente le scarpe da ginnastica). Il gioco è così amichevole che al termine non ci si ricorda neppure chi ha vinto- sarà forse per l’età commenterebbe qualche marito. E anche se un po’ stanche, dopo un’ora e mezza di palestra, appena giunte a casa cercano di celare la fugace forma cucinando di buona lena per la famiglia. L’attività oltre che piacevole ritempra anche il corpo e lo spirito: una signora, dopo aver assistito per parecchi giorni la figlia in ospedale, appena giunta a casa si è precipitata in palestra per “ricaricarsi”. In questi anni il livello del loro gioco è così cresciuto che le campionesse olimpiche della NICO (nazionale italiana calciatori olimpici) hanno espresso il desiderio di incontrarle in singolar tenzone . Per ora, vista anche la crisi economica, la cosa non si è ancora concretizzata. E per dimostrare, specie agli irriverenti famigliari delle signore, che alfine il loro è uno “Sport con tutti i crismi” l’istruttore ha organizzato, il 4 giugno 2010 un incontro con gli alunni della scuola media comunale. Le “nonne” avevano preparato delle torte, essendo ottime cuoche, da offrire poi ai ragazzi per addolcire la loro -dei ragazzi- probabile sconfitta. L’entrata in campo è stata memorabile : gli alunni, maschi e femmine, schierati in fila per stringere le mani delle campionesse seguite dal loro istruttore che, commosso al par di Mourinho, le accompagnava sulle note de “il gladiatore”. Per la cronaca le signore hanno vinto sei partite su sette. La settimana dopo al Pala 53 di Concesio ,presenti più di 300 ragazzi delle scuole medie, li convenuti per festeggiare l’ultimo giorno di scuola con una grande pallavolata, le campionesse hanno avuto l’onore di giocare la prima partita , vincendola alla grande ; è stato emozionante vederle stringere le mani, anche qualche bacio ed abbraccio sono scappati, alle ragazze dell’età dei loro figli e nipoti. E per dimostrare che chiunque e ad ogni età può giocare a questa pallavolo addolcita (già dopo 2 o 3 volte si è in grado di giocare come gli altri) si è lanciata la sfida sia alla giunta comunale di Concesio che di Villa Carcina (poiché molte signore abitano in quel comune); dai palazzi, per ora, nessuna risposta affermativa ,ma c’è chi ha visto un sindaco e alcuni consiglieri giocare a “beach volley” a Rimini : probabilmente si stanno già celatamente preparando alla disfida con le campionesse mondiali di Palladolcevolo.
Concesio agosto 2010 Giuseppe Belleri

A Concesio ci sono anche i Campioni Mondiali di Palladolcevolo



Mentre le campionesse sono ormai conosciute non solo in Valtrompia ma si parla di loro per tutto lo stivale, dei campioni mondiali di Palladolcevolo si sa ancora poco. Giocano con una palla leggera –così si hanno meno traumi a dita, nasi, occhiali e protesi varie- la rete è più bassa, così anche i “piccoli” riescono a schiacciare e a fare il muro; ogni partita dura fino ai 15 punti , così se ne fanno di più; non si fa né il riscaldamento (anzi si spegne perfino quello della palestra, che è un po’ rumoroso)né addestramento ma si inizia subito a giocare e dopo le due ore di gioco si sente il sonno ma non la stanchezza. L’istruttore che gioca tranquillamente con loro applica un sistema originale di insegnamento: i nuovi se li tiene vicino e da loro pochi e pacati consigli sicché dopo due o tre lezioni giungono alla pari con gli altri (anche se non hanno mai giocato in precedenza). E’ sicuramente un bell’esempio di “Sport puro”: non c’è panchina ma tutti giocano, non serve lo sponsor poiché non si fanno né campionati né trasferte, l’arbitro c’è ma gioca pure lui e nei casi dubbi si rigioca il punto, ognuno usa la maglietta preferita e si fanno frequenti cambi di formazione per creare più armonia e limitare l’agonismo che c’è ma è più forte il piacere di giungere soddisfatti alla fine dicendoci :”è stata una bella e piacevole serata”. Il gioco è così amichevole che spesso non si ricordano neppure chi ha vinto. Vi sono ancora alcuni posti disponibili sia per maschi che femmine dai 15 anni in su e si gioca il mercoledì e venerdi dalle 21 alle 23 presso la palestra delle scuole elementari di Cadebosio in via Carrobbio(di fronte alla pizzeria Grillo).Per ora sono gli imbattuti campioni del mondo in questa simpatica “Palladolcevolo”,che si può giocare anche oltre i novant’anni; se qualche squadra volesse sfidarli, per poi fregiarsi del loro ambito titolo, si faccia avanti; si potrebbe chiedere all’amico Andrea Lucchetta di fare l’arbitro di questa dolce disfida.

Giuseppe Belleri Concesio 1 ottobre 2010